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Raccontiamoci i nostri segreti, Raccolta di background di personaggi

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Posted on 15/12/2017, 16:49     Like  
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Avventuriero

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Dalla taverna più vicina

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Premetto che il BG non è farina del mio sacco, ma mi ero innamorato quando l'ho letto che... ahw.

Alastor, il Necromante

A guardarla ora, la vita al villaggio in cui sono cresciuto pare un distante sogno sfocato.
Ricordo le occhiate strane dei miei amici. Io non ero come gli altri umani. Mi sembra ancora di sentire i sussurri alle mie spalle. Si diceva che mia madre avesse copulato con un demone o con un diavolo, talvolta si parlava persino di un elementale del fuoco. Ora mi viene da sorridere al pensiero: so benissimo che non può essere stato così; tuttavia nelle vene di mio padre scorreva sicuramente del sangue extraplanare. Non l’ho mai conosciuto, mio padre intendo, ma ricordo bene mia madre, lei mi voleva bene nonostante tutto, non mi disprezzava, ma forse solo perché le ricordavo il suo amante.
Più di tutti, però, ricordo lei. Sophie. Era meravigliosa. Di certo la più bella dell’intero villaggio, raggiante nel suo puro splendore adolescenziale. In quanto coetanei, capitava spesso di trovarci nel medesimo luogo. Era sublime e terribile al tempo stesso. Si, anche terribile: lei era di gran lunga la più corteggiata del gruppo, la vedevo costantemente scherzare e ridere con gli altri ragazzi, ma ogni volta che il suo sguardo si posava su di me non coglievo altro che disgusto. Un crudele disprezzo. Per quanto mi sforzassi di compiacerla, di affascinarla, non appena i suoi occhi si posavano sui miei tratti demoniaci, venivo investito da un’ondata di graffiante repulsione nei miei confronti. Era palpabile. Bruciante come vetriolo.
Fu strano il giorno in cui morì.
Stava cavalcando con Pertyn, in suo fidanzatino. Rimanevano sempre nei pressi del villaggio, per pavoneggiarsi, far mostra di loro stessi. D’un tratto il pony di Sophie si imbizzarrì. Lei fu colta alla sprovvista e finì a terra. Vennero chiamate in causa milioni di entità: il Fato, Nerull, il Karma. Futili giochi di pensiero, a mio avviso. Fatto sta che quella semplice caduta, che non avrebbe dovuto recarle alcun danno, se non leggere contusioni o lacerazioni, le fu fatale. La sua tempia sinistra andò a sbattere contro un sasso che sporgeva dal terreno. Morì sul colpo, versando pochissime gocce di sangue al suolo.
Ricordo la cerimonia funebre, ricordo soprattutto lei, vestita col suo abito migliore. Non potei vederla da vicino, in quanto attorniata dalla sua famiglia. C’era quasi tutto il villaggio a vegliare per lei. Non sono sicuro di sapere cosa successe, forse mi appisolai e non fui notato. In ogni caso a un certo punto aprii gli occhi e vidi che ero rimasto solo. Eccetto lei, ovviamente. Mi avvicinai per osservarla meglio. Era ancora bellissima; la lacerazione superficiale era stata magistralmente occultata dalla capigliatura. La sfiorai. La sua pelle era fredda al tocco, ma morbida. Era strano: per la prima volta lei non provava disgusto in mia presenza. Sentì le mani sudare. Il palato seccarsi. La guardai nuovamente. Chissà se era così bella anche sotto i vestiti, mi chiesi. Le mie mani impacciate si avventurarono in una lunga battaglia con lacci e bottoni. Ne uscì vincitore. La rimirai. Le mie speranze non furono disattese, anzi. La sua bellezza superava ogni mia aspettativa. Passai le mie dita su tutto il suo corpo. Ero estasiato. Più ancora che dalla sua grazia ero colpito dalla totale assenza di disprezzo nei suoi confronti. La annusai. Lei non increspava le labbra in una smorfia. La leccai. I suoi occhi non emanarono odio. Non resistetti: abbassai i pantaloni e la presi. Mentre mi muovevo sopra di lei, con l’aria che entrava bruciando nelle mie narici, continuavo a fissare il suo viso, impassibile, indifferente. La totale assenza di emozioni nei miei confronti era un traguardo al di la di ogni mia più rosea aspettativa. La porta della camera mortuaria si aprì nell’esatto momento in cui raggiunsi l’apice.
I suoi genitori.
Oggi colgo una certa ironia, ripensandoci: la Storia è costellata di genitori che sorprendono qualcuno compiere atti osceni con la figlia; tuttavia in pochi casi la situazione è anche solo paragonabile a quella da me vissuta. La madre quasi svenne, ma purtroppo si riprese rapidamente. Iniziarono a sbraitare, a chiamare aiuto. Mi urlarono di tutto, di essere un demone peggiore di mio padre, di averla uccisa, in quanto era l’unico modo di possederla.
Non persi tempo, corsi fuori dalla sala, approfittando dello sgomento dei miei nuovi “suoceri” e scappai nella notte. Mi diressi a casa loro. Sapevo che sarebbe stato l’ultimo posto in cui mi avrebbero cercato. Sapevo anche che vi avrei trovato il pony di Sophie. Fu così. Lo rubai con facilità e fuggii dal villaggio. Vagai così per alcuni giorni, vivendo alla giornata, o meglio: sopravvivendo alla giornata. Una notte fui folgorato da una rivelazione. Mi venne in mente di un vecchio viaggiatore passato dal nostro villaggio anni prima; quando mi vide disse <questo marmocchio andrebbe portato alla città di Aequitas, oltre le colline. Lì quelli come lui sono normali.>. Mi convinsi che avrei trovato il mio posto nel mondo, e che probabilmente mio padre si trovava in quella città. Avevo una meta.
Fu decisamente rimarchevole. Passare dalla tranquilla normalità di un piccolo villaggio qualunque, alla caotica stranezza di una grande e particolarissima città. Incredibilmente mi sentii più rilassato. A mio agio.
I morti continuavano ad attrarmi più degli umani. In tutti i sensi. Fu dopo una calda notte al cimitero che incontrai un uomo; disse che avevo del potenziale, che poteva insegnarmi qualcosa che mi avrebbe cambiato la vita…e non solo. Fui colpito e lo seguii. Apprendere i rudimenti della necromanzia fu trascendentale. Imparai perfino a fabbricarmi un seguace scheletrico, usai le ossa di una femmina umana. La chiamai Sophie. Non erano le sue ossa, chiaramente, e non so cosa darei pur di poterle usare in un rituale simile. Tuttavia era mia. Mia per sempre.
 
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Posted on 15/12/2017, 20:03     Like  
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CITAZIONE (Demon_Rose_96 @ 15/12/2017, 16:49) 
Premetto che il BG non è farina del mio sacco, ma mi ero innamorato quando l'ho letto che... ahw.

Alastor, il Necromante

A guardarla ora, la vita al villaggio in cui sono cresciuto pare un distante sogno sfocato.
Ricordo le occhiate strane dei miei amici. Io non ero come gli altri umani. Mi sembra ancora di sentire i sussurri alle mie spalle. Si diceva che mia madre avesse copulato con un demone o con un diavolo, talvolta si parlava persino di un elementale del fuoco. Ora mi viene da sorridere al pensiero: so benissimo che non può essere stato così; tuttavia nelle vene di mio padre scorreva sicuramente del sangue extraplanare. Non l’ho mai conosciuto, mio padre intendo, ma ricordo bene mia madre, lei mi voleva bene nonostante tutto, non mi disprezzava, ma forse solo perché le ricordavo il suo amante.
Più di tutti, però, ricordo lei. Sophie. Era meravigliosa. Di certo la più bella dell’intero villaggio, raggiante nel suo puro splendore adolescenziale. In quanto coetanei, capitava spesso di trovarci nel medesimo luogo. Era sublime e terribile al tempo stesso. Si, anche terribile: lei era di gran lunga la più corteggiata del gruppo, la vedevo costantemente scherzare e ridere con gli altri ragazzi, ma ogni volta che il suo sguardo si posava su di me non coglievo altro che disgusto. Un crudele disprezzo. Per quanto mi sforzassi di compiacerla, di affascinarla, non appena i suoi occhi si posavano sui miei tratti demoniaci, venivo investito da un’ondata di graffiante repulsione nei miei confronti. Era palpabile. Bruciante come vetriolo.
Fu strano il giorno in cui morì.
Stava cavalcando con Pertyn, in suo fidanzatino. Rimanevano sempre nei pressi del villaggio, per pavoneggiarsi, far mostra di loro stessi. D’un tratto il pony di Sophie si imbizzarrì. Lei fu colta alla sprovvista e finì a terra. Vennero chiamate in causa milioni di entità: il Fato, Nerull, il Karma. Futili giochi di pensiero, a mio avviso. Fatto sta che quella semplice caduta, che non avrebbe dovuto recarle alcun danno, se non leggere contusioni o lacerazioni, le fu fatale. La sua tempia sinistra andò a sbattere contro un sasso che sporgeva dal terreno. Morì sul colpo, versando pochissime gocce di sangue al suolo.
Ricordo la cerimonia funebre, ricordo soprattutto lei, vestita col suo abito migliore. Non potei vederla da vicino, in quanto attorniata dalla sua famiglia. C’era quasi tutto il villaggio a vegliare per lei. Non sono sicuro di sapere cosa successe, forse mi appisolai e non fui notato. In ogni caso a un certo punto aprii gli occhi e vidi che ero rimasto solo. Eccetto lei, ovviamente. Mi avvicinai per osservarla meglio. Era ancora bellissima; la lacerazione superficiale era stata magistralmente occultata dalla capigliatura. La sfiorai. La sua pelle era fredda al tocco, ma morbida. Era strano: per la prima volta lei non provava disgusto in mia presenza. Sentì le mani sudare. Il palato seccarsi. La guardai nuovamente. Chissà se era così bella anche sotto i vestiti, mi chiesi. Le mie mani impacciate si avventurarono in una lunga battaglia con lacci e bottoni. Ne uscì vincitore. La rimirai. Le mie speranze non furono disattese, anzi. La sua bellezza superava ogni mia aspettativa. Passai le mie dita su tutto il suo corpo. Ero estasiato. Più ancora che dalla sua grazia ero colpito dalla totale assenza di disprezzo nei suoi confronti. La annusai. Lei non increspava le labbra in una smorfia. La leccai. I suoi occhi non emanarono odio. Non resistetti: abbassai i pantaloni e la presi. Mentre mi muovevo sopra di lei, con l’aria che entrava bruciando nelle mie narici, continuavo a fissare il suo viso, impassibile, indifferente. La totale assenza di emozioni nei miei confronti era un traguardo al di la di ogni mia più rosea aspettativa. La porta della camera mortuaria si aprì nell’esatto momento in cui raggiunsi l’apice.
I suoi genitori.
Oggi colgo una certa ironia, ripensandoci: la Storia è costellata di genitori che sorprendono qualcuno compiere atti osceni con la figlia; tuttavia in pochi casi la situazione è anche solo paragonabile a quella da me vissuta. La madre quasi svenne, ma purtroppo si riprese rapidamente. Iniziarono a sbraitare, a chiamare aiuto. Mi urlarono di tutto, di essere un demone peggiore di mio padre, di averla uccisa, in quanto era l’unico modo di possederla.
Non persi tempo, corsi fuori dalla sala, approfittando dello sgomento dei miei nuovi “suoceri” e scappai nella notte. Mi diressi a casa loro. Sapevo che sarebbe stato l’ultimo posto in cui mi avrebbero cercato. Sapevo anche che vi avrei trovato il pony di Sophie. Fu così. Lo rubai con facilità e fuggii dal villaggio. Vagai così per alcuni giorni, vivendo alla giornata, o meglio: sopravvivendo alla giornata. Una notte fui folgorato da una rivelazione. Mi venne in mente di un vecchio viaggiatore passato dal nostro villaggio anni prima; quando mi vide disse <questo marmocchio andrebbe portato alla città di Aequitas, oltre le colline. Lì quelli come lui sono normali.>. Mi convinsi che avrei trovato il mio posto nel mondo, e che probabilmente mio padre si trovava in quella città. Avevo una meta.
Fu decisamente rimarchevole. Passare dalla tranquilla normalità di un piccolo villaggio qualunque, alla caotica stranezza di una grande e particolarissima città. Incredibilmente mi sentii più rilassato. A mio agio.
I morti continuavano ad attrarmi più degli umani. In tutti i sensi. Fu dopo una calda notte al cimitero che incontrai un uomo; disse che avevo del potenziale, che poteva insegnarmi qualcosa che mi avrebbe cambiato la vita…e non solo. Fui colpito e lo seguii. Apprendere i rudimenti della necromanzia fu trascendentale. Imparai perfino a fabbricarmi un seguace scheletrico, usai le ossa di una femmina umana. La chiamai Sophie. Non erano le sue ossa, chiaramente, e non so cosa darei pur di poterle usare in un rituale simile. Tuttavia era mia. Mia per sempre.

Wow! Accidentaccio!
 
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Posted on 15/12/2017, 20:41     Like  
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CITAZIONE (Demon_Rose_96 @ 15/12/2017, 16:49) 
Premetto che il BG non è farina del mio sacco, ma mi ero innamorato quando l'ho letto che... ahw.

Alastor, il Necromante

A guardarla ora, la vita al villaggio in cui sono cresciuto pare un distante sogno sfocato.
Ricordo le occhiate strane dei miei amici. Io non ero come gli altri umani. Mi sembra ancora di sentire i sussurri alle mie spalle. Si diceva che mia madre avesse copulato con un demone o con un diavolo, talvolta si parlava persino di un elementale del fuoco. Ora mi viene da sorridere al pensiero: so benissimo che non può essere stato così; tuttavia nelle vene di mio padre scorreva sicuramente del sangue extraplanare. Non l’ho mai conosciuto, mio padre intendo, ma ricordo bene mia madre, lei mi voleva bene nonostante tutto, non mi disprezzava, ma forse solo perché le ricordavo il suo amante.
Più di tutti, però, ricordo lei. Sophie. Era meravigliosa. Di certo la più bella dell’intero villaggio, raggiante nel suo puro splendore adolescenziale. In quanto coetanei, capitava spesso di trovarci nel medesimo luogo. Era sublime e terribile al tempo stesso. Si, anche terribile: lei era di gran lunga la più corteggiata del gruppo, la vedevo costantemente scherzare e ridere con gli altri ragazzi, ma ogni volta che il suo sguardo si posava su di me non coglievo altro che disgusto. Un crudele disprezzo. Per quanto mi sforzassi di compiacerla, di affascinarla, non appena i suoi occhi si posavano sui miei tratti demoniaci, venivo investito da un’ondata di graffiante repulsione nei miei confronti. Era palpabile. Bruciante come vetriolo.
Fu strano il giorno in cui morì.
Stava cavalcando con Pertyn, in suo fidanzatino. Rimanevano sempre nei pressi del villaggio, per pavoneggiarsi, far mostra di loro stessi. D’un tratto il pony di Sophie si imbizzarrì. Lei fu colta alla sprovvista e finì a terra. Vennero chiamate in causa milioni di entità: il Fato, Nerull, il Karma. Futili giochi di pensiero, a mio avviso. Fatto sta che quella semplice caduta, che non avrebbe dovuto recarle alcun danno, se non leggere contusioni o lacerazioni, le fu fatale. La sua tempia sinistra andò a sbattere contro un sasso che sporgeva dal terreno. Morì sul colpo, versando pochissime gocce di sangue al suolo.
Ricordo la cerimonia funebre, ricordo soprattutto lei, vestita col suo abito migliore. Non potei vederla da vicino, in quanto attorniata dalla sua famiglia. C’era quasi tutto il villaggio a vegliare per lei. Non sono sicuro di sapere cosa successe, forse mi appisolai e non fui notato. In ogni caso a un certo punto aprii gli occhi e vidi che ero rimasto solo. Eccetto lei, ovviamente. Mi avvicinai per osservarla meglio. Era ancora bellissima; la lacerazione superficiale era stata magistralmente occultata dalla capigliatura. La sfiorai. La sua pelle era fredda al tocco, ma morbida. Era strano: per la prima volta lei non provava disgusto in mia presenza. Sentì le mani sudare. Il palato seccarsi. La guardai nuovamente. Chissà se era così bella anche sotto i vestiti, mi chiesi. Le mie mani impacciate si avventurarono in una lunga battaglia con lacci e bottoni. Ne uscì vincitore. La rimirai. Le mie speranze non furono disattese, anzi. La sua bellezza superava ogni mia aspettativa. Passai le mie dita su tutto il suo corpo. Ero estasiato. Più ancora che dalla sua grazia ero colpito dalla totale assenza di disprezzo nei suoi confronti. La annusai. Lei non increspava le labbra in una smorfia. La leccai. I suoi occhi non emanarono odio. Non resistetti: abbassai i pantaloni e la presi. Mentre mi muovevo sopra di lei, con l’aria che entrava bruciando nelle mie narici, continuavo a fissare il suo viso, impassibile, indifferente. La totale assenza di emozioni nei miei confronti era un traguardo al di la di ogni mia più rosea aspettativa. La porta della camera mortuaria si aprì nell’esatto momento in cui raggiunsi l’apice.
I suoi genitori.
Oggi colgo una certa ironia, ripensandoci: la Storia è costellata di genitori che sorprendono qualcuno compiere atti osceni con la figlia; tuttavia in pochi casi la situazione è anche solo paragonabile a quella da me vissuta. La madre quasi svenne, ma purtroppo si riprese rapidamente. Iniziarono a sbraitare, a chiamare aiuto. Mi urlarono di tutto, di essere un demone peggiore di mio padre, di averla uccisa, in quanto era l’unico modo di possederla.
Non persi tempo, corsi fuori dalla sala, approfittando dello sgomento dei miei nuovi “suoceri” e scappai nella notte. Mi diressi a casa loro. Sapevo che sarebbe stato l’ultimo posto in cui mi avrebbero cercato. Sapevo anche che vi avrei trovato il pony di Sophie. Fu così. Lo rubai con facilità e fuggii dal villaggio. Vagai così per alcuni giorni, vivendo alla giornata, o meglio: sopravvivendo alla giornata. Una notte fui folgorato da una rivelazione. Mi venne in mente di un vecchio viaggiatore passato dal nostro villaggio anni prima; quando mi vide disse <questo marmocchio andrebbe portato alla città di Aequitas, oltre le colline. Lì quelli come lui sono normali.>. Mi convinsi che avrei trovato il mio posto nel mondo, e che probabilmente mio padre si trovava in quella città. Avevo una meta.
Fu decisamente rimarchevole. Passare dalla tranquilla normalità di un piccolo villaggio qualunque, alla caotica stranezza di una grande e particolarissima città. Incredibilmente mi sentii più rilassato. A mio agio.
I morti continuavano ad attrarmi più degli umani. In tutti i sensi. Fu dopo una calda notte al cimitero che incontrai un uomo; disse che avevo del potenziale, che poteva insegnarmi qualcosa che mi avrebbe cambiato la vita…e non solo. Fui colpito e lo seguii. Apprendere i rudimenti della necromanzia fu trascendentale. Imparai perfino a fabbricarmi un seguace scheletrico, usai le ossa di una femmina umana. La chiamai Sophie. Non erano le sue ossa, chiaramente, e non so cosa darei pur di poterle usare in un rituale simile. Tuttavia era mia. Mia per sempre.

Questo è uno di quelli che alle ragazze in discoteca offre drink corretto al Rohypnol.
 
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Posted on 22/12/2017, 11:11     Like  
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Divinità

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E per la serie grosso e potente vi presento...

GROMM "IL BESTIONE"


Gromm "Il Bestione" - Ogre Barbaro

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Gromm l'inetto, l'inutile, lo stupido, e altri epiteti non proprio adatti ad essere trascritti in un BG, un ogre semplicemente diverso. Troppo poco crudele per essere accettato come membro attivo del suo clan, troppo intelligente per voler restare tra quegli idioti dei suoi simili. Semplicemente perchè si sentiva non adatto a quel posto Gromm decise di andarsene. Iniziò a vagare per il mondo ma anche senza fare nulla si tirava addosso le ire di chiunque lo incontrasse dato che lo scambiavano sempre per un mostro. Non riusciva a trovare un posto dove stare che veniva sempre cacciato finchè un giorno tutto cambiò. Si trovava in un villaggio sulla costa abitato prevalentemente da orchi e mezzorchi (gli unici che a stento tolleravano la sua presenza), non passava dalla porta della locanda così era rimasto fuori(Parliamo di una bestia alta quasi tre metri e spalle talmente larghe da sembrare un armadio a muro), aspettava che qualcuno quantomeno gli chiedesse se voleva da bere o da mangiare o meglio aspettava che qualcuno uscisse per chiederglielo lui stesso. Tutto d'un tratto sentì del casino ed ecco finalmente un umano uscire di corsa dalla locanda, Gromm si alzò e con la classica delicatezza di un ogre gli si parò davanti e lo prese per il colletto e lo alzò da terra portandoselo ad altezza faccia.

"Io sete...cosa mi porti?!"

"Ehi Bestione che vuoi adesso pure tu?"

"Uh?...che significa Bestione?...Io sete, cosa mi porti?"

Nel frattempo dall'interno della locanda la caciara iniziò ad aumentare ed era chiaro che qualcuno stava inseguendo l'umano che prontamente si rivolse all'Ogre.

"Senti Bestione, facciamo una cosa...tu liberati di questi tizi che stanno uscendo e io ti porto la più buona e spettacolare bevanda di tutti i sette mari!"

"Uh?!...ok!"

L'Ogre ebbe appena il tempo di fare spallucce e lasciare andare l'umano che alcuni orchi uscirono di corsa, cercando di prendere l'umano. Gromm si voltò verso l'umano che gli fece cenno di toglierli di mezzo e, non gli ci volle molto, un bestione alto quasi tre metri con una forza spropositata, bastarono un paio di pugni ben assestati per mandare nel mondo dei sogni tutto il gruppo di inseguitori.

"Adesso tu dà me da bere!"

In realtà quell'umano non era altri che il capitano pirata Jack Rackam che chissà per quale motivo aveva fatto incacchiare quei tizi, beh come promesso al bestione gli diede del rum, e a Gromm piacque parecchio. Jack promise a Gromm di dargli tutto il rum che avrebbe voluto se lo avesse seguito nelle sue avventure, gli serviva un "Bestione" come lui e Gromm, beh lui aveva scoperto che gli piaceva il rum, e considerando che non aveva di meglio da fare decise di seguire l'umano sulla sua nave per imbarcarsi con lui.
C'era un problema però, era troppo alto per andare sotto coperta o da qualsiasi altra parte sulla nave senza sfondare il piano di sopra con la testa o senza sbatterla ovunque, solo la cucina era adatta alle sue dimensioni, non si sa per quale motivo era stata ricavata in un punto un pò più alto, così il capitano lo delegò alla cucina. Il suo compito divenne sorvegliare il cibo e picchiare chiunque altri della ciurma avesse provato a rubare le scorte. Stando sempre in cucina imparò a cucinare restando accanto al vecchio cuoco della nave di nome Bud che dopo un pò si ritirò su un isolotto in pensione, e Gromm prese il suo posto ai fornelli.
Tutta la ciurma iniziò a chiamarlo Bestione per via della sua stazza e potenza fisica, tanto che "Bestione" divenne alla fine il suo soprannome e a Gromm iniziò a piacere.
L'ogre aveva sempre lottato a mani nude fin quando durante un arrembaggio non sradicò l'ancora della nave abbordata e la iniziò ad usare come un ascia, ed era pure bravo, tanto che alla fine il capitano Jack fece prendere quell'ancora e gliela fece sistemare un pò da un fabbro, da quel momento Gromm quando si lancia all'arrembaggio porta con se quell'ancora modificata usandola come arma.
 
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Posted on 28/1/2018, 11:47     Like  
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Beh dato che mi ci sono impegnato parecchio, e l'ho appena finito di scrivere vi propongo il mio ultimo Bg.

Zellgadis Ancalagon



Zellgadis "Zell" Ancalagon - Paladino/Stregone/Incantaspade/Abjurant Champion
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E il suo Famiglio Exodia
Lizard1

"Crash" (Rumore di vetro rotto, nello specifico di un bicchiere lanciato contro il muro)

"Io mi vendicherò...ci hanno cacciato...trattato in quel modo...a noi...villici del biip...noi che abbiamo reso grande e prosperosa questa terra...dovrebbero baciarci i piedi..."

Ogni sera la stessa storia, per tutta l'infanzia il piccolo Zellgadis doveva sorbirsi tutta la storia di come la nobile famiglia Ancalagon aveva reso grande tutto quel territorio, aveva dato lavoro a molti, aveva fatto grandi cose e poi un giorno un gruppo di rivoltosi l'avevano fatta cadere in disgrazia cacciandola da casa sua e prendendo un indipendenza che non gli spettava. Beh la storia è vera solo in parte, è vero che in passato gli antenati del padre di Zellgadis avevano reso ricca quella zona, una nobile famiglia di paladini che facevano dell'onore e del rispetto il loro stile di vita, ma negli anni questi valori erano venuti meno e nelle ultime generazioni vi erano stati solo uomini avari ed egoisti che invece stavano per distruggere tutto quello che i loro antenati avevano creato. Per questo alcuni anni prima della nascita di Zellgadis vi era stata una rivolta che si era conclusa con la famiglia Ancalagon cacciata dalle sue stesse terre e caduta in rovina, anche se era stato permesso ai sopravvissuti di vivere nel villaggio lì vicino.

Zellgadis non vide nulla del lusso e della ricchezza della tenuta di famiglia, era nato e cresciuto in una fattoria quasi al limite del bosco, educato dalla nonna e dalla mamma come un nobile, il padre beh viveva lamentandosi per quello che era successo ed era praticamente ubriaco tutto il tempo ed era morto che Zellgadis era ancora piccolo a causa di un male al fegato ed era la madre che con dei lavoretti da sarta cercava di mantenere la famiglia.

Il ragazzino viveva felice era un pò discolo ma aiutava la mamma e la nonna. Tutto iniziò a cambiare all'età di sei anni, durante il sonno il ragazzo si sentiva chiamare e riviveva spesso sempre lo stesso sogno, qualcuno lo chiamava dalla vecchia tenuta degli Ancalagon e lui andava e cercava l'origine di questa voce. Inizialmente ignorò questi sogni, ma più passava il tempo più si facevano insistenti e le sensazioni che il sogno gli procurava sembravano sempre più reali. Ogni giorno che passava Zellgadis era sempre più tentato di andare nella vecchia tenuta. La vecchia tenuta e il vecchio castello degli Ancalagon erano stati per lo più rasi al suolo e in tutta la zona adesso sorgevano diverse fattorie e campi coltivati, non era molto distante da casa sua e Zell alla fine cedette e senza dire nulla alla mamma e alla nonna andò verso quella che sarebbe potuta essere la sua casa.

Non era la prima volta che Zell si allontanava da casa senza tornare neanche a pranzo, dopotutto andava spesso a giocare nel bosco restandovi fino a sera, non avrebbe dovuto spiegare nulla. Di prima mattina uscito di casa si diresse di corsa verso la tenuta Ancalagon ormai in rovina, non gli fu difficile passare inosservato e raggiungere il vecchio castello, di cui ormai erano rimaste solo rovine saccheggiate più volte. Il cancello era completamente scardinato, il giardino completamente invaso dai rovi e tutto sembrava esattamente come nel suo sogno, tanto che Zellgadis sorpreso iniziò a guardarsi intorno, non era mai stato in quel luogo, eppure era tutto come nel suo sogno e sapeva come muoversi e dove andare, come in un dejavù, come se quella non fosse la prima volta che si recava in quel luogo. Il ragazzino con cautela si avvicinò al portone d'ingresso ed entrò e nel preciso istante in cui mise piede dentro il castello...

"...Ti aspettavo...giovane Ancalagon..."

Il ragazzino si bloccò terrorizzato, iniziò a guardarsi intorno in preda alla paura ma non c'era nessuno, iniziò a correre verso l'uscita, ma si bloccò davanti al cancello. Degluttì, serrò i pugni, doveva scoprire chi lo chiamava, entrò e rispose a gran voce.

"Chi sei?...Perchè mi chiami?...Perchè sogno tutto questo!?!?"

"Segui la mia voce giovane Ancalagon...segui la mia voce..."

Combattendo la sua paura Zell entrò nel castello seguendo la voce, attraversò immense sale ormai erose dal tempo, corridoi i cui muri erano crollati fino ad uscire nel giardino sul retro del castello, la voce veniva da un punto in fondo al giardino, ma non c'era nulla, il ragazzino stava per andarsene quando un rumore sordo lo fece voltare verso un punto sulla parete di roccia lì vicino, una porta segreta si era appena aperta. Un tunnel completamente al buio scendeva sottoterra, titubante il ragazzino non sapeva se entrare o lasciare perdere, ma la voce lo incitava e la curiosità era troppa per resistere, così entrò. Palpando la nuda roccia il ragazzino sentiva che davanti a se vi doveva essere uno slargo dall'aria che arrivava e quando vi giunse...

"Benvenuto Zellgadis Ancalagon...era da secoli che non nasceva in questa famiglia un umano dal cuore pure come il tuo..."

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Il ragazzino terrorizzato dalla visione di quello che si trovò davanti scappò senza voltarsi indietro, con la voce che lo aveva chiamato che risuonava alle sue spalle.

"Tornerai giovane Ancalagon...Tornerai...e io ti aspetterò..."

Zell tornò a casa non facendo parola di quello che aveva scoperto nella vecchia tenuta della sua famiglia, ma il pensiero era comunque fisso. Che ci faceva un fottutissimo drago sotto il castello in rovina della sua famiglia, e perchè lo aveva condotto fino alla sua tana?Voleva mangiarlo?No, un drago sarebbe stato in grado di mangiarsi l'intero villaggio se avesse voluto. Passarono i giorni e Zellgadis non ebbe più quel sogno, e nemmeno sentì quella voce, eppure quel pensiero lo tormentava, per questo dopo diverse settimane decise di tornare alla tenuta Ancalagon. Seguì lo stesso percorso che aveva fatto la volta prima e si diresse direttamente alla parete rocciosa, che, appena fu vicino, si aprì esattamente come la volta prima.

"Ci hai messo meno di quanto mi aspettassi giovane Zellgadis..."

L'enorme drago era in posizione eretta, e il ragazzino impiegò tutta la sua volontà per non fuggire di nuovo, il drago lo osservò compiaciuto.

"Mi chiamo Ancalagon...sono il capostipite...e il custode della tua stirpe..."

Il drago raccontò a Zellgadis che quando era giovane si era innamorato di una umana millenni orsono, avevano avuto un figlio che seppur dalle fattezze umane aveva nelle sue vene il mistico sangue dei draghi, e quello stesso sangue scorreva adesso nelle vene di Zellgadis. Ancalagon, da cui poi prese il nome la dinastia, spiegò al ragazzino che lui era un drago buono e si manifestava solo ai suoi eredi che riteneva degni e che avessero un cuore puro, li addestrava e gli insegnava ad usare i poteri arcani che il sangue di drago gli conferiva, ma questo doveva avvenire nel rispetto di un codice, un codice di onore e nobiltà d'animo che i suoi eredi avrebbero dovuto rispettare. Zellgadis si sedette ad ascoltare le storie di Ancalagon, ascoltò del codice, ascoltò delle storie dei suoi avi, paladini nobili e coraggiosi che combattevano per il bene e il drago divenne per il ragazzino un maestro, un mentore, un amico...e un padre. Il giovane erede del sangue di drago tornava ogni giorno dal drago, e di lì a breve il drago iniziò a trasmettergli tutta la sua sapienza iniziando anche ad addestrarlo nell'arte militare e nei segreti arcani del suo sangue.

All'età di quattordici anni Zell riuscì finalmente a padroneggiare i suoi poteri arcani, e di lì a breve creò inconsciamente il suo famiglio, aveva le stesse fattezze del grande Ancalagon, ma era un piccolo draghetto in miniatura dalle scaglie rosse e marroni e lo chiamò Exodia, che fu per Zell, scapestrato e com'era una sorta di coscienza. Fu anche in quel momento che Zell rivelò, con il permesso del drago, tutta la storia della sua famiglia a sua madre e a sua nonna. All'inizio non gli vollero credere, ma nel momento in cui gli presentò Exodia dovettero ricredersi, gli disse che il suo destino era quello di riportare onore al nome Ancalagon e che era sua intenzione una volta terminato l'addestramento, quella di mettersi in viaggio per aiutare i più deboli ridando lustro alla sua stirpe, diventare un eroe e ricostruire la tenuta ormai in rovina.

Passarono ancora diversi anni e Zell era giunto ormai al termine del suo addestramento, drago e umano erano uno di fronte all'altro e il drago parlò:

"Ripetilo un ultima volta!"

"...Dentro il cerchio della tavola,
sotto la sacra spada,
un cavaliere deve giurare di obbedire
al codice che è senza fine,
senza fine come la tavola,
un anello legato all'onore.

Un cavaliere è votato al coraggio,
il suo cuore conosce solo la virtù,
la sua spada difende gli inermi,
la sua forza sostiene i deboli,
le sue parole dicono solo la verità,
la sua ira abbatte i malvagi.

Il giusto non può morire,
se un uomo ancora ricorda,
le parole non sono dimenticate,
se una voce le pronuncia chiare,
il codice per sempre riluce,
se un cuore lo conserva splendemente..."




Quando Zellgadis ebbe pronunciato l'ultima parola il grosso drago alzò verso l'alto la testa e con un potente soffio creò una grande palla di fuoco che vorticava velocemente fino a implodere su se stessa con una luce abbagliante. Quando Zell rialzò gli occhi una grossa spada dalla lama rossastra e dall'elsa a forma di testa di drago levitava davanti a lui.

3RK3b

"Che questa spada ti accompagni nei tuoi viaggi e ricorda sempre il codice...Zellgadis Ancalagon..."

Zell accettò il dono che il drago gli aveva fatto, e chiamò la spada col nome di Dragonfang, salutò sua madre e sua nonna e si mise in viaggio. All'inizio non faceva altro che cacciarsi nei guai pur di aiutare i più deboli e ogni tanto si lasciava andare ad azioni non proprio in linea col codice, ma Exodia era sempre con lui a riportarlo sulla retta via. Col tempo il suo nome diventò man mano più conosciuto, come il nome di un cavaliere che lottava per difendere i giusti, il suo intento era stato raggiunto, ma questo non significava che la lotta per difendere i deboli era finita. Per questo Zell si mette in viaggio, vive alla giornata portando a termine alcune missioni che ritiene degne di essere intraprese, e durante i suoi viaggi si batte per i deboli non sopportando le ingiustizie. Anche se la sua indole lo porta a divertirsi un pò troppo spesso tra locande e donne, il piccolo famiglio drago gli ricorda sempre il codice a cui si deve attenere. Durante i suoi viaggi incontra un gruppo di persone che condividevano i suoi ideali e la sua battaglia e si unì a loro per far brillare la luce della speranza in un mondo in cui il male aveva piantato purtroppo troppo a fondo le sue radici.
 
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Posted on 13/3/2018, 17:56     Like  
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Quindi tocca a me risollevare il topic?

Kolir del clan Baraz Tarag

"Sono Kolir, un membro del clan degli Baraz Tarag. Per voi umani, i Barbarossa. Sono uno dei più forti guerrieri della città nanica di Dwalsyr. La mia casata non ha mai perso una guerra civile, ne una guerra nanica, e nemmeno una guerra contro altre razze. Siamo i più forti, ed i nani lo sanno. Non c'è stata battaglia in cui i Baraz Tarag non vi hanno partecipato. Siamo uno dei Clan Antichi dell'Era della Pietra, e da allora siamo rimasti a comandare.

Questo fino a quando la società nanica non ha deciso di cambiare le carte in tavola. Quando salì al trono Re Dwala II, lo Sfondamuri, il potere concesso ai vari clan venne limitato, in maniera tale da essere equo per tutti coloro che avrebbero partecipato alle udienze del Consiglio. Da lì, fu tutto un declino da parte dei membri del mio clan. Thoror, il Forte, e Gilia, la Bianca, iniziarono ad assecondare i piani del Consiglio, indebolendo enormemente la nostra influenza. Presto si unirono a loro altri che portano il mio stesso nome.

Siamo rimasti in pochi a ricordare chi eravamo e cosa potevamo fare. CI hanno tolto il piacere di brandire un'arma, con la storia della "Civiltà Pacifica". Puah, tutte menzogne dico io. Si sono rammolliti, ecco cosa! Thoron, Gilia, tutti quanti! Non hanno più fede nel credo del nostro clan. Hanno perso la fede nell'abilità combattiva dei nani.

E così, me ne sono andato. Non riuscivo più a sopportare l'idea che la società nanica fosse scesa così in basso. Presi le mie cose, e abbandonai la mia casa. I Baraz Tarag non sono più com'erano una volta... ma di questo me ne occuperò io.

Sapete perché ho iniziato a viaggiare? Per accrescere le mie abilità. Quando tornerò a Dwalsyr sarà per ottenere la carica di capo clan, e successivamente rovescerò il trono che per troppo tempo è stato tenuto in ostaggio da codesti codardi! Siederò sul Trono d'Argento, e mai più i Baraz Tarag saranno alla pari con gli altri. Noi primeggeremo su tutto e tutti, perché noi siamo i più forti, perché la mano di Moradin ci spinge a farlo.

Da soli siamo forti come rocce, uniti siamo possenti come le montagne!"
 
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Posted on 16/4/2018, 16:15     Like  
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Bene bene...ravviviamo il post con uno dei miei pg storici...

Draziel Silverwind


Draziel Silverwind - Ladro/stregone/ombra danzante(new version: ladro/shadowcaster)

Prima dei poteri
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Versione post poteri
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Draziel Silverwind è cresciuto credendo di essere semplicemente il terzo figlio di una umile famiglia di contadini dell'entroterra, senza sapere che la realtà è ben diversa.

La sua discendenza portava nel sangue la scintilla della magia o forse di qualcosa di ancora più arcano e sconosciuto. La sua vera famiglia era in realtà una famiglia di stregoni o presunti tali la cui unica colpa era stata quella di difendersi dall’attacco di alcuni maghi invidiosi del fatto che la loro magia e i loro poteri gli erano stati donati e non se l’erano guadagnata con gli studi, così accusati ingiustamente di aver praticato un rituale proibito, erano stati condannati a morte.

Anche il piccolo Draziel doveva morire e le difficoltà del momento portarono i suoi genitori a sigillare la sua magia con il marchio di famiglia, un ala d'argento, che col tempo si sarebbe dissolto quando il ragazzo sarebbe stato in grado di difendersi da solo, abbandonandolo quindi al suo destino pur di farlo scampare a quella ingiusta condanna. Scappando dai loro inseguitori lasciarono il piccolo Draziel dietro la porta di una fattoria e come unico lascito una maschera di velluto grigio scuro con un incisione d'argento sulla parte interna che reca il suo vero cognome, Silverwind, che magari un giorno l’avrebbe ricondotto alle sue origini.

Il neonato abbandonato crebbe diventando un ragazzo di bell'aspetto, fisico asciutto e mano lesta che era spesso in punizione per averne sempre combinata una, il guastafeste del villaggio ma che piaceva parecchio alle donne.

Una sera deciso a divertirsi, passò dalla taverna per godersi una serata tra donne e vino, ma appena entrato un uomo misterioso attrae da subito la sua attenzione, più che l'uomo il borsello che portava alla cintura.

"Non posso farlo...o meglio non dovrei!"

Un attimo dopo era fuori in un vicolo a contare le monete, quando una voce da dietro l'angolo gli gelò il sangue:

"Hai del talento per essere un ragazzino di campagna!".

L'uomo misterioso sembrava tutt'altro che arrabbiato, quasi compiaciuto del gesto di Draziel.
"Un abilità del genere potrebbe tornarti utile nelle grandi città della costa... seguimi e magari potrai assaggiare cos'è la vera ricchezza...la ricchezza, ma non la fama!"

Draziel adesso era davvero confuso.

"Fidati delle tenebre ragazzo, perchè la luce ti rende un bersaglio facile. Puoi anche spassartela senza essere famoso!...mi troverai domani qua alla stessa ora, che l'ombra di nostro signore Mask ti protegga!"

Disse quell'uomo quasi fondendosi con le tenebre e scomparendo in modo sicuramente innaturale.

Draziel aveva sempre voluto scappare via dalla monotonia della sua vita, e fare il contadino, spezzarsi la schiena per un tozzo di pane, non era di certo la sua massima ambizione. Le parole dell’uomo gli risuonarono per tutta la notte nella testa, come se avesse sin da subito sentito un legame particolare con quella divinità, anche se non l'aveva mai sentita nominare prima. Fu così che l’indomani mattina chiese al padre chi fosse Mask. Il genitore adottivo capì che era giunto il momento di dirgli la verità e raccontatogli del suo vero passato, dicendogli quale era il suo vero cognome, gli consegnò la Maschera di Velluto, simbolo di Mask, che avevano trovato insieme a lui nella sua piccola culla.

La sera stessa, deciso più che mai ad andarsene e scoprire di più sulle sue origini, salutata la sua famiglia adottiva, Draziel si avviò verso la taverna, ma di quell'uomo misterioso neanche l'ombra. Ma la decisione ormai era stata presa, la sua nuova vita iniziava quella sera, e incamminandosi verso "le grandi città della costa" per la prima volta in vita sua pregò, pregò Mask affinchè la sua ombra gli indicasse il cammino. Chissà un giorno avrebbe riincontrato quell'uomo e magari lo avrebbe ringraziato per avergli aperto gli occhi e fatto scoprire la verità sul suo passato.

Tempo dopo giunse finalmente in una cittadina molto più grande del suo villaggio e per prima cosa avrebbe voluto avvicinarsi al culto di Mask per scoprire di più sul suo passato, ma il culto del signore delle ombre non era così facile da trovare e preso dall’euforia del momento pensò solo divertirsi e non si impegnò più di tanto, così conosciuti altri due furfanti di periferia continuò a vivere e spassarsela a donne e vino grazie al ricavato dei suoi furti, ma ringraziando di tanto in tanto Mask per la riuscita dei suoi colpi.

Stava diventando bravo e in breve tempo le guardie lo conobbero di fama "L'ala d'Argento" avevano iniziato a soprannominarlo per il tatuaggio che portava sul collo, ma non erano mai riuscite a beccarlo. In breve divenne il leader di quel gruppo di furfanti, ma lui oltre a divertirsi aveva un pensiero fisso in mente, il suo passato tornava a tormentarlo e il modo in cui l'uomo misterioso quella notte era sparito tra le tenebre credeva lo avrebbe aiutato a scoprire di più, doveva essere legato al signore delle ombre; aveva sentito voci di persone capaci di diventare delle ombre, che fosse magia o fosse la volontà di Mask, lui voleva scoprire di più.

Una sera poi accadde qualcosa che non si sarebbe aspettato, stava fuggendo da alcune guardie dopo un colpo ma si ritrovò in un vicolo cieco, stavolta sembrava davvero impossibile per lui fuggire, quando come se fosse una cosa naturale per difendersi il terreno sotto i piedi delle guardie divenne un tappetto di tentacoli d'ombra e le guardie non poterono che restare intrappolate, mentre succedeva questo il suo tatuaggio gli bruciava e brillava di una luce argentea. All'inizio pensò che fosse un miracolo dovuto alla divinità delle ombre, ma poi altri casi simili si riproposero, una volta scagliò un dardo d'ombra contro un nemico, un altra volta ancora evocò strane fiamme nere ghiacciate al tatto. Qualcosa non andava, era lui ad evocare quei poteri ma da dove provenivano non lo sapeva, forse erano l'indizio che cercava per andare avanti, l'eredità lasciatagli dai suoi genitori. Poi un giorno apparve uno strano gatto nero, sembrava avvolto da un alone mistico di ombre, si rese conto di averlo evocato lui stesso, era una sorta di famiglio o qualcosa del genere.

Sapeva che di strada doveva farne molta, quindi una sera, in silenzio come era arrivato sparì dalla circolazione e si mise in viaggio alla volta di una nuova città, ancora più grande, con ancora più tasche da svuotare,e nuove sfide che lo attendevano, alla ricerca di nuove informazioni su quell’uomo e sulle sue origini, con tutta l'intenzione di scoprire di più sui suoi poteri e sul suo passato.


Edited by Rickythedragon - 17/4/2018, 21:06
 
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Gabry1821
Posted on 27/4/2018, 17:33     Like  




Personaggio creato per una campagna che inizierà la settimana prossima ☺. Chierico umano - Dominio della tempesta.

Rhezen era un uomo semplice.

Aveva realizzato da tempo che la strada per la felicità, non passava dall’ambizione. Alla mattina, come tutti nel suo paese nella contrada di Sperone Roccioso, si alzava all’alba, beveva una ciotola di latte di capra munto da sua moglie, imbracciava il piccone e si dirigeva in miniera. Parliamoci chiaro, sua moglie, Arya, non rispecchiava neanche da lontano i canoni della bellezza elfica, con lineamenti delicati e forme sinuose. Ma era gentile ed aveva un bel parapetto, per intenderci, e questo a Rhezen bastava. E l’amava. Dieci ore a spaccar pietre con il sole e con la pioggia, ogni dannato giorno dell’anno, ti scolpiscono il fisico e Rhezen andava veramente fiero del suo. Almeno una volta. Ora le braccia e le spalle erano possenti ed avevano la forza di due buoi da traino, ma tutto un altro discorso erano gli addominali. Da quando quel farabutto del locandiere, Bhong, aveva iniziato a servire quella birra non filtrata nanica, bere era diventato il suo passatempo preferito. Diciamo pure il suo unico passatempo. E così passava le serate a bere e ridere in compagnia, si accontentava questo, il buon Rhezen. Ed era felice. Un giorno si metterà anche a dieta e butterà giù quella pancia da goti, ma finchè la moglie non si lamenta tanto meglio.

E così anche in quella sera estiva se ne stava al suo tavolo preferito a scolarsi litri di birra. Ascoltava la musica suonata dal bardo e prendeva in giro con battute pungenti le cameriere del locale, che per seguire la moda di quegli anni, si erano fatte rimodellare le orecchie in modo tale da assomigliare alle elfe di Bosco Verdigris.
Era al terzo boccale e non era ancora ubriaco, ci voleva del tempo a convincere tutta la sua massa corporea a lasciarsi andare ai piaceri dell’alcol. Fu tra i primi quindi a notare che nella stanza era cambiato qualcosa.
La luce era più soffusa, le note suonate dal bardo si distorcevano nell’aria, sembrava che da ogni spiffero tra un legno e l’altro della parete entrasse aria gelida. La terra cominciò a tremare leggermente, il violino smise di suonare, tutti erano in silenzio, in attesa, non si sa di cosa, era un presagio, come un brivido che ti scorre giù lungo la schiena. Si sentì uno scricchiolio, prima lieve, poi sempre più marcato. Le travi del soffitto si frantumarono ed il tetto si sollevò. Guardando in alto si videro delle ombre stagliarsi contro il riflesso della luna. Una folata di aria gelida investì l’intero paese: tre negromanti erano piombati silenziosamente nel locale. Urla e scompiglio, la gente cominciò a fuggire verso l’uscita. Rhezen era impietrito, non riusciva a muovere un muscolo. Un paesano urtò contro il suo tavolo e gli rovesciò la birra in faccia, fu allora che realizzò la situazione. I negromanti cominciarono a parlare una lingua arcana, incomprensibile, fatta di sibili e parole maledette. Appoggiarono le mani a terra e diedero forma al loro incantesimo. I più vicini alla porta caddero tutti a terra. Qualcosa aveva afferrato le loro caviglie facendoli inciampare. Rhezen assistette immobile a quel macabro spettacolo, un’orda di scheletri stava uscendo dal pavimento di legno ed attaccava indiscriminatamente chiunque nella locanda.

Vicino a lui, rannicchiato in un angolo c’era un bambino. Tremava come una foglia e sussurrava “Mamma...mamma...”. Lentamente emerse di fronte ai suoi occhi un teschio e una mano fatta d’ossa stava per afferrarlo. Rhezen agì d’impulso, si avvicinò con un balzo allo scheletro, tirò un poderoso calcio al costato e gli frantumò il boccale di birra in testa. “Andiamo” disse senza esitazione. Prese il bambino e proteggendolo nel suo abbraccio si gettò dalla finestra più vicina rompendo il vetro con la spalla. “Mettiti in salvo!” gridò Rhezen al bambino indicandogli il tempio di Talos. Il piccolo non perse tempo, guardò il suo eroe con occhi lucidi e cominciò a correre. A Rhezen serviva un’arma. Maledì sé stesso per essere tornato a casa a lavarsi dopo il lavoro. Se fosse andato direttamente alla locanda ora il suo piccone sarebbe nei paraggi. Casa. Moglie. Il suo cuore sobbalzò. “Arya!”.

Gridò con tutto il fiato nel suoi polmoni e cominciò a correre giù nell’avvallamento, dove c’era la sua casa. La sua mente era annebbiata e le gambe gli tremavano, non pensava a nulla se non a raggiungere la sua amata il più velocemente possibile. Ma non potè ignorare quel rumore sordo, secco. Si girò. Uno scheletro aveva preso per la caviglia il bambino, facendolo inciampare. Gli spezzò la tibia come se fosse un grissino. Un secondo scheletro gli saltò al collo e lo morse. Il bambino non fece neanche tempo a gridare. Ora giaceva freddo e immobile sui gradini del tempio, il suo sangue ne impregnava i portoni massicci di legno. Rhezen era senza fiato, immobile.

Tremava, per la prima volta nella sua vita, che fino ad ora era stata così semplice e lineare, non sapeva cosa fare. Nella sua mente tuttavia esplose un pensiero: “Arya”. Non poteva permettersi di starsene li impalato, non ora! Il pensiero della moglie in pericolo gli infuse coraggio, corse in maniera disperata verso la sua dimora. Sentiva il cuore che gli scoppiava nel petto e gli sembrava che nell’aria non ci fosse più ossigeno. Ancora pochi metri e sarebbe arrivato a casa. Sentì un grido agghiacciante. Era la sua voce! Spalancò la porta con un calcio. Era rannicchiata in un angolo, piangeva e stringeva in mano il simbolo sacro di Talos, dio della tempesta. Di fronte a lei due scheletri. Si avvicinavano lentamente trascinandosi sul pavimento senza far rumore. Rhezen agì d’istinto, prese il piccone vicino all’uscio della porta e, come aveva fatto milioni, miliardi di volte nella vita, lo calò verso il basso con tutta la sua forza. Il teschio di uno degli scheletri si frantumò in mille pezzi, il colpo aveva anche spaccato in due buona parte delle sue costole ed il bacino. L’altro scheletro però non si fermò; con uno scatto fulmineo morse il collo di Arya. Un grido squarciò l’aria. La luce negli occhi della sua amata si spense.

Rhezen era senza fiato. Tremava. Lo scheletro si girò di scatto e balzò su di lui. Strinse la presa sul piccone, ma fu troppo lento. Ora quel mucchio d’ossa demoniaco era sopra di lui e lo bloccava al pavimento. Rhezen tuttavia in quel momento non provava paura, era accecato dal dolore e dalla rabbia. Pensò che per vendicare la moglie avrebbe fatto qualsiasi cosa. QUALSIASI COSA. Il simbolo sacro nella mano della moglie si illuminò. E si sentì un rumore secco. Fu un attimo. Un fulmine piombò sopra lo scheletro, incenerendolo all’istante. Rhezen gridò e cominciò a rotolarsi a terra in preda al dolore e agli spasmi. Il petto gli bruciava tremendamente, come se fosse stato marchiato a fuoco. Quando aprì gli occhi vide un’enorme cicatrice che gli solcava l’addome, sembrava lo squarcio di un’artiglio.

“La tua supplica è stata udita, Rhezen.” Una voce profonda, solenne, rimbombò nella sua dimora. Rhezen boccheggiava, respirava affannosamente ma la sua bocca era troppo secca perché potesse emettere un qualsiasi suono. “Ti ho osservato attentamente, Rhezen, hai dimostrato coraggio, ma la tua sola forza non è bastata a salvare quelli a te vicini. Hai fallito. Inchinati dinnanzi a me, brandisci il tuo piccone nel mio nome e la mia forza scorrerà nelle tue vene. Non assaggerai un’altra volta il sapore amaro della sconfitta.” Rhezen pensò ai suoi compagni, pensò al bambino di fronte al tempio, pensò infine a sua moglie, che ogni mattina si alzava prima dell’alba per lui. “Il mio cuore ed il mio braccio appartengono a te ora, Talos della tempesta” disse Rhezen. Un’altra scarica lo investì, ma non provò dolore, sentì solo un’ondata di adrenalina, il suo corpo era sovraccarico di potenza. Raccolse il piccone e si diresse verso la locanda.

Quei negromanti l’avrebbero pagata cara.
 
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Posted on 22/2/2020, 09:31     Like  
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Ho scoperto per caso questa discussione
(tra migliaia impossibile😱😂 se ne parlava ieri con Rickythedragon )
la ritengo utilissima
per chi ama fare i BG
per chi piace capire meglio come articolarli
per chi c'ha speso tempo e poi in campagna è stato solo sfiorato.

Complimenti per chi due anni fa ha reso questa discussione molto attiva, con storie da: "Wow, quanto scrivete e soprattutto che contenuti fantastici!!"

Il senso di questo post è per dirvi bravi tutti e per far ritornare la discussione tra quelle "attive" quindi ben visibile a tutti.


p.s. e quindi fatevi sotto con tutti i vostri e..nostri BG

Edited by Yanaria - 22/2/2020, 09:46
 
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Posted on 22/2/2020, 12:07     +1   Like  
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CITAZIONE (Yanaria @ 22/2/2020, 09:31) 
per chi ama fare i BG
per chi piace capire meglio come articolarli

voglio tornare un istante al mio classico ruolo da "bastian contrario".
Secondo me non serve a niente perdere tempo a scrivere BG, per due motivi:
1) tutto quello che scrivi e' già accaduto, non c'e' un filo di tensione drammatica, perché sappiamo che il pg, alla fine della fiera è vivo, vegeto e magari ha anche livellato.
2) se in gioco non puoi mostrarlo, è come se non fosse accaduto (questo è un corollario della legge show don't tell). In soldoni non importa niente a nessuno di come il padre demoniaco del lesser-asimar-mezzodemone picchiasse il figlio col battipanni in legnoscuro, a meno che il personaggio non parli continuamente coi suoi compari di quest'episodio (e ne deve parlare, non semplicemente mostrare una strana avversione per il legnoscuro, altrimenti narrativamente non serve a niente).
Da parte mia amo i background brevi, che facciano il loro ruolo (ossia che stiano sullo sfondo) e che diano un paio di ganci al DM che non si sa mai. Un BG, secondo me, dovrebbe presentare tre cose: la quotidianità del personaggio, i suoi obbiettivi e la gente con la quale ha a che fare regolarmente. Abilita' particolari ed aspetto fisico sono importanti per il personaggio, ma non credo vadano messi in background. (tutte queste idee le ho maturate leggendo Characters and viewpoint, di O.S. Card).

Detto questo, ecco il BG dell'ultimo PG che ho creato per giocare qui su forum:

CITAZIONE
Ogni giorno Ciaran si allena con la spada per riuscire a fendere con un colpo perfetto il legame che unisce luce ed ombra. Pranza in taverna e nel pomeriggio guadagna poche monete come guardia del corpo dell’esattore locale, non un ruolo propriamente popolare. Nel tempo e’ riuscito tuttavia a diventare simpatico ai contribuenti, oltre ad esser venuto a conoscenza dei traffici di Ernam Borne, esattore corrotto ed odiato. La sera torna a casa dalla moglie Imiriel, una elfa pittrice centosessantenne sposata per convenienza, e dalla figliastra Arwendel con la quale intrattiene un incestuoso e passionale rapporto sentimentale, mal tollerato da Imiriel. Passa il tempo libero con i molti amici che si e’ fatto in città senza lasciarsi mai sfuggire l’occasione di competere in gare di qualunque sport. Lo si vede spesso in città portare a spasso i due doberman di casa, ai quali e’ sinceramente affezionato. Ha un’insana passione per la storia del mondo ed e’ stato convinto da Imiriel di essere destinato a qualcosa di grande: recidere il legame tra la Dimensione Cremisi ed il nostro mondo.

Trascurando la parte del colpo perfetto e della dimensione cremisi, che sono specifiche del mondo in cui il tipo giocherà, il resto è secondo me una buona struttura: sta sullo sfondo e da al DM una serie di agganci sensati. Detto questo il personaggio deve dimostrare in game chi sia e come la pensa. Dal background si capisce che sia un tipo opportunista e passionale, con uno scopo preciso - per quanto bizzarro e probabilmente irrealizzabile - ed un network di amici e conoscenti più o meno delineato a disposizione del DM per fare quello che vuole. Se poi il DM vuole introdurre la sorella facile del tizio, o il ricco patrigno o chi so io, ha spazio per farlo come vuole ed in game emergeranno i rapporti del personaggio con questi PNG (se dovessero essere importanti). Ed per scrivere un BG del genere servono davvero non più di cinque minuti.
 
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Posted on 22/2/2020, 22:10     Like  
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Anche io sono d'accordo che il BG non debba essere un romanzo. Contenere elementi per descrivere la personalità ed alcuni aggangi sul presente del PG che si va a creare è più che sufficiente.

Come hai impostato l'ultimo qui sopra Ulric, secondo me è perfetto, essenziale e con diversi spunti.

Ho tanto ancora da imparare e non sono abile nello scrivere, come tanti di voi, ma a questo mio ultimo PG (guerriera) voglio molto bene


CITAZIONE

Jheizzaina, nata in una famiglia benestante di tagliaboschi e commercianti di legnami, è una ragazza, sveglia, tenace e molto forte, ma con un carattere non propriamente docile.
Cresciuta in un ambiente maschile, terzogenita, dopo due fratelli maschi,
ha dovuto imparare fin da subito a difendersi e farsi valere.
Passa l'adolescenza dividendosi tra lo studio al mattino ed il pomeriggio ad aiutare in casa nell'attività di famiglia.
Con i fratelli dedica molto tempo anche ad addestrarsi nel combattimento, in definitiva porta anche lei i pantaloni e conosce e sa usare molte armi.
La loro abitazione è al limitare della foresta, ambiente non troppo sicuro per la presenza di bande di briganti che assaltano spesso i convogli (persone e merci) di chi è costretto ad attraversarla per andare da un regno all'altro.
Essa è anche nascondiglio perfetto per assassini in fuga e delinquenti di ogni genere, è quindi sconsigliato frequentarla disarmati.
Pertanto, sapersi difendere per chi soprattutto ci lavora o ci abita vicino, è questione di sopravvivenza, ma per lei che è una donna, lo è ancora di più.
Tutto sommato, il suo essere maschiaccio, è un motivo di tranquillità in più per i suoi genitori.
Tutto scorre tranquillo, finché una sera,
mentre stava completando il carico dell'ultimo carro di legna della giornata con i fratelli, un evento le cambierà il corso della vita.
Una carrozza trainata da 4 cavalli e scortata da quattro guardie, viene assaltata da una banda di briganti sulla strada, poco lontano dai loro occhi.
I giovani riconoscono le divise dei soldati della loro città e senza esitazione accorrono in loro aiuto.
Con spade ed asce brandite con abilità sorprendente riescono ad avere la meglio sui delinquenti ed a farli prigionieri.
Dalla carrozza con loro stupore esce il Capitano della milizia locale di ritorno dal Regno vicino.
Ringrazia i ragazzi chiede loro i nomi e di chi sono figli, poi la carrozza riparte portandosi dietro i briganti legati.
Sembra tutto finito li, ma il giorno seguente il Capitano in persona, Kheshman Neikhar si presenta a casa della ragazza e fa una richiesta molto seria al capofamiglia.
Prima lo ringrazia perchè il loro pronto intervento, la sera precedente, è stato determinante per salvaguardare la sua incolumità e poi si complimenta per l'educazione impartita ai figli, dicendo di essere rimasto sbalordito dall'abilità nel combattimento soprattutto della ragazza.
Quindi fa la richiesta di averla come guardia del corpo della figlia Sima a cui, essendo molto protettivo, non vuol affiancare un guerriero uomo.
La giovane, secondo lui, è perfetta per quel ruolo, offre quindi alla famiglia una lauta ricompensa ed alla ragazza, uno stipendio, armi ed armature a disposizione e la possibilità di affinare il suo stile di combattimento.
L'ingaggio durerà per qualche anno, fino a che la figlia non si sposerà, dopodiché sarà libera di scegliere, rimanere al servizio della milizia locale oppure proseguire individualmente la sua carriera a livello privato.
 
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Posted on 23/2/2020, 12:05     Like  
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Ulric, l'esordio del tuo post mi ha fatto male all'anima!
Sono fermamente convinta che scrivere un bg sia una parte fondamentale della creazione di un personaggio, particolarmente un personaggio che si gioca nel forum.
I nostri pg non sono caduti dal cielo in un certo posto, senza anima e senza passato. Hanno un vissuto che spiega il perché del loro agire nel presente. E se non fosse che per questa sola ragione, il bg è molto importante.
Non importa affatto che la storia narrata nel bg emerga in game, per quanto mi riguarda: può anche restare tra il giocatore ed il master, può darsi benissimo che nessuno degli altri pg venga mai a scoprirne nulla, ma il bg è uno strumento che guida il pg nella sua azione. Altrimenti basterebbe scrivere CN, LB, LM e via così.
Ciò detto, concordo però con le linee guida che tu hai dato, quei punti fermi che un bg dovrebbe sempre avere. Il bg che tu hai presentato è molto corretto da questo punto di vista ma se io fossi stata la tua master, ti avrei subissato di domande per sviscerare di più le relazioni interpersonali: insomma, non puoi buttare lì un incesto o una semi profezia e poi non approfondire! Ma questa è una mia personale opinione.

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DISCLAIMER: Si legga il tutto con tono leggero e senza vena polemica: viva la libertà di pensiero e di bg! :lol:
 
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Posted on 23/2/2020, 12:27     Like  
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CITAZIONE (Iantar @ 23/2/2020, 12:05) 
Ulric, l'esordio del tuo post mi ha fatto male all'anima!

Ci sono momenti in cui un uomo deve saper chiedere scusa, davvero non avrei voluto :lol:

Detto questo, se il passato (perché di questo parli, non del background) non emerge in game, non sta guidando le azioni del personaggio.
Un sacco di personaggi anche famosi sono trattati cosi, tanto in letteratura quanto al cinema. Il giocatore (o l'autore del personaggio in generale) non ha modo di far conoscere il passato del personaggio se non quello di mostrarne gli effetti (tramite scelte, carattere, dialogo), ma sono glie effetti che sono importanti, non le cause (i.e. il passato che li motiva).
E se fossi stata la mia master ti avrei risposto "per me non e' importante, decidi tu".
 
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Posted on 23/2/2020, 19:36     Like  
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Immortale

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CITAZIONE (Ulric @ 23/2/2020, 12:27) 
Ci sono momenti in cui un uomo deve saper chiedere scusa, davvero non avrei voluto :lol:

Ahahahahahah! Grazie, scuse più che accettate!
Il fatto è che io sono una patita di bg, mi sono sentita punta sul vivo! :lol:
Devo dire, inoltre, che hai colto il mio punto: i bg sono importanti proprio per come si riflettono sul presente del personaggio, perché lo rendono ciò che è. Quando ho detto che “non emergono in game”, stavo ovviamente esagerando! Emergono, emergono eccome! In che misura e come dipende da master e giocatori, ma è praticamente impossibile che non ne emerga nulla, nemmeno un minimo.
Per questo non si può dire che “non siano importanti”. Del resto, sarebbe come dire che il passato di ognuno di noi non sia importante, no? :)

Ah, ringrazia che io non sia la tua master! Non te l’avrei fatta passare liscia ahahahahahah
 
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Posted on 27/2/2020, 21:43     +1   Like  
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Dato che pure io come Iantar amo perdermi nelle descrizioni dei miei Bg, ci tenevo a scrivere due paroline.

Ovviamente sono d'accordo con entrambi.

Con Ulric, sul discorso che un BG deve contenere elementi del "cosa fai giornalmente, come vivi, che aspirazioni hai e chi frequenti".
Ma ogni pg (a meno che non sei un master malato come me che crei una campagna dove praticamente escludi a priori un BG, ma glielo crei tu ai personaggi dato che parti dai livelli infimi e i pg partono dal'essere dei ragazzini con pochi anni di vita)((Aaaah...leggasi tutto d'un fiato XD)), comunque dicevo...ogni pg...ha un passato che lo porta in un determinato luogo e in un determinato tempo...per carità cerco di evitare di non cadere nel classico del passato traumatico, dove per un motivo o per un altro si cerca vendetta o simili...ma anche un pg dalla vita tranquilla ha un passato e dei motivi o semplicemente degli eventi che lo condurranno "a partecipare alla campagna del master"...sarà la sua bravura con le armi o la magia, la voglia di denaro e/o fama, la vendetta, la fuga o qualsiasi altra cosa...un motivo scatenante che mette quel pg "a disposizione del master" ci sarà...

Riassumendo...di sicuro il master ha interesse dal BG "base" per "inserire" il pg nella campagna...ma un BG da cui escono maggiori dettagli del passato può dare modo a un master di inserire elementi di collegamento con il suo passato...il che avvalora molto sia il pg, che soprattutto l'interesse del giocatore dietro il pg a partecipare e portare a termine quella storia...
 
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80 replies since 31/7/2017, 20:38   1563 views
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